I problemi come opportunità di innovazione sociale

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Potremmo partire da un obiettivo da perseguire e un risultato da raggiungere, ma forse è meglio partire da un problema e da un’opportunità. O meglio più problemi che, connessi tra di loro, generano circoli viziosi difficili da interrompere se si assume un atteggiamento da procrastinatori o, peggio, da indifferenti.

Il problema è antico, è la marginalità, questione studiata a Roma dai sociologi dal dopo guerra in poi, in parte dimenticata dalla nuova accademia. Descritta con passione nei film del neorealismo e nei romanzi, che hanno portato al grande pubblico la visione della vastità delle periferie di Roma e la multiculturalità della sua gente.

La marginalità di giovani che non studiano e non lavorano, di donne in equilibrio precario e spesso violento tra tempi di vita e tempi di lavoro, di immigrati che sopravvivono a stento negli interstizi della società.

L’opportunità è l’attenzione che da alcuni anni viene dedicata dall’Europa e da organismi internazionali allo sviluppo sostenibile, che anche le amministrazioni locali più miopi e pigre non possono non considerare. Una Europa che definisce sé stessa “Società della conoscenza e dell’apprendimento”, mentre le Nazioni Unite promuovono l’”Agenda 2030” per lo Sviluppo sostenibile.

Una rinnovata attenzione resa tangibile anche da finanziamenti dedicati, che rischiano però troppo spesso di disperdersi e assottigliarsi senza giungere direttamente alle persone che abitano nelle periferie. E soprattutto senza il loro coinvolgimento attivo: troppe sono le mediazioni e le interferenze interessate di coloro che non conoscono le periferie perché non le abitano e non le vivono, ma le hanno solo sentite raccontare in un libro, in un romanzo sfogliato in salotto o si sono emozionate in un cinema del centro di Roma.

Ma in questo momento, senza indugi, abbiamo bisogno di una nuova capacità progettuale e di più connessioni tra attori singoli e collettivi, pubblici e privati, accomunati dal desiderio di costruire il presente pensando al futuro sostenibile e al patrimonio del passato delle periferie di Roma. Abbiamo bisogno di coinvolgere i giovani, le donne e gli immigrati in un laboratorio di progettazione sociale, realizzato anche con l’uso di strumenti digitali. Un hackathon sociale, capace di disegnare utopie da realizzare, perché no.