Scuola, la comunicazione con i collaboratori

 

Ripropongo con qualche modifica un breve scritto pubblicato in: Ida Cortoni (a cura di), Una scuola che comunica, vol 1, Erickson 2009

Introduzione

Osservare il Responsabile di una organizzazione mentre comunica con i propri collaboratori è il modo migliore per comprendere quale modello organizzativo prevalga in un contesto di lavoro. Molte meno informazioni potrà fornire un’intervista focalizzata sul problema, condotta con il Responsabile stesso ma anche con qualcuno dei suoi collaboratori.

Come vengono gestite le relazioni formali, come si comunica realmente, quale spazio per le relazioni professionali o anche informali, tutto questo è centrale e strategico, oggi, in una organizzazione che abbandona veramente modelli meccanici di funzionamento e si impegna nell’adozione di modelli di tipo sistemico.

Nel sistema delle scuole (termine che preferiamo al tradizionale “sistema scolastico”), così complesso e articolato e giustamente geloso della sua autonomia istituzionale e reale, ancora oggi convivono molti modelli organizzativi, ma certamente poche sono al suo interno le persone che difendono il tradizionale modello organizzativo, che chiamiamo meccanico, e sempre di più sono coloro che affermano la necessaria transizione verso un modello di tipo sistemico. Ora, parlare di comunicazione con i collaboratori, quindi di comunicazione efficace tra la Dirigenza di un istituto scolastico e i Docenti, gli Amministrativi e gli Operatori della scuola tutti è prima di tutto una questione di scelta di modello organizzativo più che una questione di indole o di personalità più o meno comunicativa.

Ma quali sono i modelli organizzativi compresenti nel sistema delle scuole e perché sono compresenti? E, soprattutto, come influenzano le scelte comunicative all’interno delle scuole?

In questo scritto cercheremo di rispondere queste domande, per evidenziare la complessità delle comunicazioni con i collaboratori e fornire alcune indicazioni in un sistema che è al tempo stesso amministrazione pubblica, comunità professionale e rete organizzativa in un territorio socio-economico sempre più complesso e cangiante.

 

La compresenza di modelli organizzativi

La scuola, prima di ogni altra organizzazione, ha percepito come inadeguato il modello razionale e burocratico che ha sostenuto e legittimato fino ad un passato molto recente l’azione della pubblica amministrazione nel suo insieme.

Questo modello, che definiamo meccanico, si basa su una serie di assunti e di valori che hanno motivato e orientato l’agire organizzativo delle moderne burocrazie, su cui molto è stato scritto, ricercato, sperimentato, criticato.

Nella letteratura e nelle ricerche empiriche vengono descritte quali siano le caratteristiche essenziali del modello razionale e burocratico:

  • il riferimento costante alla normativa vigente, considerata un vincolo per l’azione
  • la scarsa o inesistente permeabilità al contesto esterno
  • la scarsa considerazione dei bisogni differenziati dell’utenza
  • il predominio delle strutture formali sulle persone
  • l’assegnazione del lavoro secondo il principio della parcellizzazione e divisione in fasi minime
  • l’assunzione della responsabilità secondo la linea gerarchica
  • il predominio della mansione lavorativa
  • la scarsa o inesistente comunicazione con i collaboratori (o meglio subalterni), incanalata secondo la struttura gerarchica
  • l’esistenza di funzioni latenti e di ritualismo nell’azione del singolo e dei gruppi

 

Applicato fedelmente al sistema delle scuole, questo modello comporta:

  • una azione finalizzata al rispetto dei programmi e delle direttive ministeriali
  • la mancanza di comunicazioni con il territorio di riferimento
  • una offerta formativa indifferenziata
  • una struttura formale verticale ed orizzontale interamente organizzata per classi, sezioni, uffici
  • la divisione del processo formativo per insegnamenti e per ore di lezione
  • l’assegnazione della responsabilità in modo individuale, accentrata nella posizione del dirigente
  • la rappresentazione del lavoro dell’insegnante o degli altri operatori come insieme di compiti formali
  • la comunicazione non incentivata e accentrata nella posizione del dirigente
  • una azione dei singoli e dei gruppi basata su criteri prevalentemente interni al mondo della scuola, non sempre trasparenti, connotati da ritualismo e richiamo alle consuetudini

 

Ma questo modello organizzativo, anche se formalmente operante nella scuola italiana, non è stato nella realtà applicato nella sua interezza, perché non è stato questo l’unico modo di intendere questa organizzazione. Vogliamo con questo affermare che se la scuola è riuscita a svolgere il suo ruolo istituzionale è anche perché in essa convivono tre modelli di riferimento, differenti e poco integrati:

  • l’organizzazione formale, ovvero quella identificabile nel modello meccanico, razionale e burocratico della pubblica amministrazione di tipo tradizionale
  • l’organizzazione come sistema naturale, ovvero la comunità scolastica, degli insegnanti in primo luogo
  • l’organizzazione come sistema aperto, ovvero la rete sul territorio, con relazioni di scambio a crescente intensità

Questi ultimi due modelli, tra loro facilmente integrabili, sono in sintesi ciò che definiamo il modello organizzativo sistemico.

In altre parole, come istituzione della pubblica amministrazione, all’interno della struttura del ministero competente, la scuola è rappresentabile come un’organizzazione soggetta alle regole del modello razionale e burocratico: questo è stato il modello formale, esplicito, sostenuto dalla precedente normativa. Ma nella realtà, le persone che compongono la comunità scolastica hanno operato anche come sistema naturale (la comunità scolastica, professionale e di pratica) e, negli ultimi anni, sempre di più come sistema aperto (la rete sul territorio), perseguendo una strategia non burocratizzata ancor prima che le riforme legislative lo richiedessero: questi altri due modelli si sono affermati come organizzazioni di fatto, meno visibili e talvolta poco espliciti, ma oggi sempre più evidenti e anche sostenuti dai cambiamenti normativi in corso (autonomia scolastica, incentivazione di reti tra scuole, ecc.).

Naturalmente, questa compresenza di modelli non è pacifica e la prevalenza di uno sull’altro non indifferente, soprattutto non lo sarà nelle scelte che un Dirigente Scolastico opera nella comunicazione con i suoi collaboratori; e sappiamo che nella scuola dell’autonomia si può scegliere quale strategia adottare e quale modello privilegiare, in coerenza con la normativa vigente ma senza attendere indicazioni ministeriali a proposito. Allo stesso tempo, però, l’azione dell’amministrazione centrale si va sempre più orientando verso la strategia di tipo sistemico, che implica l’integrazione tra il modello della scuola sia come comunità sia come organizzazione a rete sul territorio, mentre il modello burocratico dovrebbe diventare sempre meno dominante.

Questo modello sistemico, confrontato con i punti precedentemente esposti per il modello meccanico, si fonda al contrario su:

  • la diffusione della cultura digitale in tutta la comunità educante
  • un uso anche strumentale della normativa, considerata una opportunità per l’innovazione del servizio
  • l’apertura al contesto socio economico e al territorio
  • l’attenzione ai bisogni differenziati dell’utenza e l’offerta di servizi multipli
  • la concezione della centralità della persona nell’organizzazione
  • la progettazione degli interventi formativi in modo integrato
  • l’assunzione di responsabilità condivise rispetto agli obiettivi formativi perseguiti
  • il disegno dei ruoli professionali e delle loro competenze
  • la comunicazione interna ed esterna fluida e facilitata
  • l’esplicitazione delle regole dell’azione individuale e collettiva e l’azione partecipata e proattiva

In  sintesi, la supremazia del modello sistemico (comunità e rete) rispetto al modello meccanico (razionale e burocratico) porta nella scuola, come in altri contesti organizzativi, a cambiamenti concreti come quelli descritti sinteticamente nella tav.1.

Burocrazia Comunità e Rete
·        dalle strutture piramidali       > alle reti organizzative
·        dall’adempimento                    > al risultato di qualità
·        dal procedimento                     > al processo lavorativo
·        dal compito                                > alla responsabilità
·        dalla mansione                         > al ruolo professionale
·        dalla decisione accentrata    > alla responsabilità condivisa
·        dal ritualismo                           >

·        dall’informazione                  >

all’azione proattiva

alla comunicazione

Tav. 1 – Il cambiamento dal modello meccanico a quello sistemico

 

La funzione della comunicazione con i collaboratori

Per molto tempo il concetto di organizzazione ha escluso quello di comunicazione. In particolare, il modello meccanico considera incompatibile organizzare le attività in modo efficace ed efficiente e, al tempo stesso, comunicare con i propri collaboratori senza ricorrere esclusivamente alle linee gerarchiche. A contrario oggi è esperienza comune che il concetto di organizzazione includa quello di comunicazione e che la comunicazione ampia con i collaboratori generi, oltre che efficacia ed efficienza, anche qualità e flessibilità operativa.

Ma non è semplice comunicare in modo efficace se si considera questa una attitudine della persona e non una competenza da apprendere e sviluppare. Saper comunicare con i collaboratori è infatti una competenza strategica che si apprende, si sviluppa esercitandola, ma soprattutto che si sceglie.

Cosa significa comunicare con i collaboratori e per quale motivo è una scelta strategica?

Partiamo dall’ultima questione, ovvero dalla funzione della comunicazione con i collaboratori in una organizzazione, in particolare nel sistema delle scuole.

La comunicazione con i collaboratori è indispensabile nel sistema delle scuole per:

  • elaborare e condividere le scelte di tipo strategico sulle quali la scuola dell’autonomia è impegnata a misurarsi (in questo periodo in particolare il Piano Nazionale Scuola Digitale, ma altro ancora)
  • elaborare e selezionare gli obiettivi operativi nei quali declinare la strategia (ad esempio individuazione dei curricula)
  • individuare e realizzare i servizi che la scuola intende fornire (ad esempio la mensa o le materie opzionali)
  • progettare, assegnare, realizzare e coordinare le attività che compongono i processi di lavoro dell’istituzione scolastica (come la programmazione, la progettazione, la realizzazione, l’innovazione, il monitoraggio della didattica)
  • individuare e assegnare in maniera condivisa i ruoli agiti no solo formali tra le persone (tra gli amministrativi o tra i docenti)
  • curare e sviluppare le competenze professionali dei formatori e degli operatori della scuola (ad esempio la formazione continua per tutto il personale, non solo docente)
  • comprendere e sostenere le motivazioni individuali (per comprendere le attese, le potenzialità, i desideri)
  • prevenire le situazioni di disagio, o comunque perseguire il benessere organizzativo (come prevedere le azioni per ostacolare il burnout o il mobbing)

 

Quali azioni per la comunicazione con i collaboratori?

Individuare le azioni efficaci per la comunicazione con i collaboratori significa saper scegliere gli spazi, i tempi e i modi di comunicare.

Tra le azioni possibili per il Dirigente vogliamo focalizzarci su tre in particolare:

  • l’uso del colloquio individuale per la condivisione, assegnazione e valutazione degli obiettivi
  • l’utilizzo del gruppo di lavoro per la progettazione e la cooperazione
  • l’impiego delle tecniche di negoziazione per la formulazione degli obiettivi di lavoro

 

Il colloquio individuale

Nella scuola molte sono le occasioni durante le quali due persone (il Dirigente e un Insegnante, il Dirigente e un Amministrativo, due Insegnanti, o altro) si possono trovare a condurre un colloquio per discutere di aspetti del proprio lavoro. Una ipotesi che ci sentiamo di avanzare è che proprio la natura della presenza di una forte comunità professionale che caratterizza il sistema delle scuole possa portare a utilizzare in modo poco appropriato questa modalità comunicativa.

Quello che vogliamo dire è che la comune appartenenza professionale (del Dirigente e degli Insegnanti), il fatto che il Dirigente sia stato un Insegnante in precedenza, può portare ad un eccesso di colloqui gestiti in maniera informale, senza molta attenzione agli aspetti di contesto, alla chiarezza degli obiettivi del colloquio stesso, alla valorizzazione della comunicazione interpersonale perché non diventi ripetitiva o effimera.

Naturalmente l’errore da evitare è, che al contrario, il Dirigente si nasconda dietro il suo ruolo formale per porre una barriera con i suoi collaboratori, rinunciando ad usare efficacemente proprio i codici comunicativi condivisi di una stessa comunità professionale.

E’ anche qui un fatto di scelta: scelta del luogo (il corridoio o la stanza del Dirigente), del tempo (una comunicazione lampo o un tempo dedicato), della modalità (scritta o verbale, informale o formale) e altro ancora. Il colloquio individuale nelle organizzazioni, in altre parole, è una tecnica molto efficace, della quale bisogna valutare le opportunità e i vincoli.

Una opportunità di rilievo è quella dell’uso del colloquio individuale per la condivisione e assegnazione degli obiettivi e per la valorizzazione e miglioramento delle prestazioni. In questo caso il colloquio non sarà casuale o destrutturato: al contrario sarà bene programmare più colloqui nel tempo (per l’assegnazione, la verifica periodica, la valutazione finale degli obiettivi e le prestazioni del collaboratore) e identificare la modalità più idonea per tenere memoria dei progressi nel tempo.

Un colloquio di questo tipo si svolge in un ambiente formale, ad esempio nell’ufficio del Dirigente, ma evitando la barriera di una scrivania, perché migliore è l’uso di un salottino che non contrappone barriere fisiche tra i soggetti che devono comunicare tra di loro.

Come tutti i processi di comunicazione, la competenza principale che il Dirigente dovrà esercitare è quella della capacità di ascolto attivo, e poi di alternanza tra momenti di apertura e sintesi della comunicazione (definizione degli obiettivi e del tempo a disposizione, verifica delle informazioni di reciproco possesso, uso di esempi, ricapitolazione finale).

Il Dirigente durante un colloquio efficace dovrà poi porre attenzione alla relazione con il collaboratore senza colludere con lui, dargli spazio ed evitare il conflitto personale.

 

La comunicazione nel gruppo

Nella scuola molte delle comunicazioni lavorative avvengono in piccoli gruppi, di progetto, di lavoro, più o meno stabili nel tempo. Nei gruppi la presenza del Dirigente non potrà che esaltare gli elementi che vengono definiti di struttura, integrati ma differenti da quelli che invece vengono definiti di processo.

Come riportato nella figura che segue, sono elementi che strutturano il lavoro si gruppo: l’obiettivo del gruppo, il metodo di lavoro prescelto, i ruoli dei partecipanti. Sono aspetti che incidono sulla qualità del processo del lavoro di gruppo: il clima, l’interazione e l’integrazione tra i partecipanti.

gruppo

 

In un gruppo di lavoro, se presente, il Dirigente esercita per definizione la leadership formale sui collaboratori, e certamente più una leadership che mette in primo piano il compito rispetto alle relazioni. Una particolare attenzione dovrà essere dedicata alla scelta della leadership più adatta alla situazione: più a lungo direttiva se i collaboratori hanno competenze non avanzate sul lavoro da svolgere, più incline alla delega (passando per una leadership di supporto) man mano che i collaboratori mostrano di possedere ed esercitare competenze professionali avanzate.

 

La negoziazione

Le competenze comunicative fin qui considerate richiedono al Dirigente l’esercizio delle capacità di ascolto, esposizione, assertività, empatia, disponibilità, collaborazione, certamente di persuasione, gestione dei conflitti e negoziazione.

Proprio la negoziazione risulta essere una delle azioni più efficaci nella comunicazione forse più problematica nella scuola, quella che si svolge nei Collegi dei Docenti o nel Consiglio di Istituto, ovvero gli organi istituzionali dove si scelgono e si condividono le strategie e le azioni per l’intera organizzazione.

La negoziazione efficace, come tecnica, si articola in passi progressivi, che da una situazione di incertezza portano ad una riduzione progressiva delle stessa incertezza fino alla decisione più condivisa possibile. Obiettivo della negoziazione (e obiettivo primario per il Dirigente sui suoi collaboratori), è così realizzare un processo di presa delle decisioni per una decisione congiunta tra soggetti che possono avere opinioni e motivazioni differenti su un problema che li accomuna.

Responsabilità del Dirigente, unico leader formale di un contesto istituzionale, è gestire e favorire il processo attraverso una serie di fasi, che in sintesi possono essere cosi descritte:

  • preparazione della comunicazione estesa, uno a molti, con la definizione dell’agenda delle attività
  • identificazione delle cornici della possibile controversia tra i soggetti presenti (tra Insegnanti o tra ruoli professionali differenti)
  • definizione delle soglie limite non valicabili nel processo di presa delle decisioni
  • esplicitazione degli interessi e dei bisogni dell’organizzazione e delle persone
  • esclusione di ogni questione di principio e di arroccamenti personali
  • scissione dei problemi dalle persone e concentrazione sul problema
  • scissione delle persone dal problema e cura delle relazioni
  • gerarchizzazione dei problemi, per distinguere tra questioni principali e secondarie
  • definizione dell’accordo conclusivo e tutela della decisione condivisa

Per far questo, i comportamenti consigliati al Dirigente sono molteplici: prediligere nella discussione sotto obiettivi quantificabili e legati ad un tempo definito, piuttosto che discussioni ideologiche e valoriali; indagare con domande esplicite interessi e bisogni meno evidenziati, più inespressi, tra i partecipanti; evidenziare i motivi che generano il disaccordo, più che il disaccordo stesso; descrivere sentimenti ed impressioni per suscitare fiducia reciproca; verificare la comprensione di tutti con domande e ricapitolazioni; non lasciare niente in sospeso; valutare gli effetti di un accordo; infine confermare la propria attenzione alla valutazione successiva degli effetti dell’accordo e progettarne per linee la realizzazione con i presenti.